La notizia del presunto suicidio di Chris Cornell, leader dei Soundgarden è arrivata come una doccia fredda per tutti persino per i familiari. Anche Cornell è stato un esponente del grunge. Spesso si associa questo movimento a decadenza, depressione, droga e via discorrendo. Ma è sbagliatissimo perché sebbene sia bruciato in una fiammata (per dirla con il famoso verso di Neil Young e ripreso da Cobain nella sua lettera di addio: “è meglio bruciare che spegnersi lentamente”) il grunge è stato anche un ultimo tentativo disperato e vitale di sottrarre la musica all’industria e alla nuda commercializzazione. E’ stato il tentativo estremo di anime sensibili, come quella di Cornell e Cobain, di riaffermare i valori dell’arte che ha il suo dono in se stessa, della fratellanza al posto della competizione spietata (le varie band indossavano le t-shirt l’una dell’altra).

Erano tutti ventenni in ascesa, con alle spalle problemi familiari, due soldi in tasca, eppure nessuno si è mai affermato alle spese degli altri. A volte potevano esserci incompatibilità, ma alla fine andavano tutti, gli uni ai concerti degli altri. Si scambiavano le magliette e di tanto in tanto non esitavano a indossare quella lanciata dal leader di un altro gruppo grunge con su scritto “LOSER”, ovvero “perdente”. Se per vincere si deve rinnegare se stessi allora è meglio essere dei perdenti. Per loro, anime tormentate ma semplici, vincere era immergersi nella musica e dare a questa la loro personale impronta. Per questo alcuni, nel bene o nel male, più degli altri hanno dovuto fare i conti con la fama raggiunta. In particolare Kurt Cobain, che, quando Chris Cornell aveva già un contratto in tasca con una major, era ancora alle prese con la Sub Pop, etichetta indipendente e per questo sempre intenta a sbarcare il lunario. All’improvviso, senza neanche accorgersene i Nirvana, grazie a un contratto con la Geffen, stessa etichetta dei Soundgarden, vennero scaraventati dall’uscita del disco Nevermind, in mezzo a folle di fan agguerriti, alcuni davvero improvvisati.
Per Cornell, le cose sembravano essere andate diversamente. Il suo successo è arrivato gradualmente. Che assumesse alchol e stupefacenti è davvero un ritornello di queste ultime ore. Non sembrava un’anima tormentata e invece la sua morte è arrivata lo stesso, a distanza di anni e per questo come una doccia fredda. Ma non c’è una maledizione del grunge. Al contrario, c’è la tristezza infinita per la fine di un’epoca. La musica di quei ragazzi di Seattle ha trasmesso molta energia, e se può suonare strano anche speranza…la speranza di un mondo migliore che forse all’epoca sembrava ancora possibile…ma così non è stato. Si diceva Long Live Rock&Roll…ma ora…